Il desiderio di riunire le testimonianze della Cavalleria Italiana portò alla costituzione, il 20 giugno 1958, dell’“Associazione Ente Museo Nazionale dell’Arma di Cavalleria”, poi divenuta Società Amici del Museo Nazionale della Cavalleria Italiana. La sede fu scelta a Pinerolo per le sue tradizioni militari, e il Comune concesse un’ala dell’ex Caserma Fenulli per il Museo, inaugurato il 13 ottobre 1968. Con 5.500 mq di aree espositive e 240 vetrine, il Museo si è arricchito grazie al contributo di oltre 900 donatori, diventando uno dei musei d’Arma più ricchi d’Europa.
La sede, scelta per ragioni storiche e morali e per le lunghe tradizioni militari, fu la città di Pinerolo, universalmente nota come “Culla della Cavalleria”. Il Comune di Pinerolo, sensibile e conscio dell’importanza che tale istituzione avrebbe rivestito, concesse per il Museo un’ala dell’ex Caserma Fenulli, un tempo Principe Amedeo, già sede, a partire dal 1849, e per circa un secolo, del Comando della Scuola di Applicazione di Cavalleria.
La cavalleria italiana trova le sue radici nel 1569 con l’istituzione della Cavalleria feudale, suddivisa tra lo “Squadrone di Piemonte” e lo “Squadrone di Savoia”. Tra il 1683 e il 1690, furono costituiti i primi reggimenti di dragoni, trasformando le compagnie di archibugieri a cavallo in una forza più strutturata. Tuttavia, i dragoni erano inizialmente considerati più come fanteria montata che come cavalleria vera e propria. Solo nel 1692, con l’introduzione del servizio obbligatorio di due anni, si iniziò a formare una cavalleria autentica e organizzata.
Nel corso delle guerre di fine Seicento e inizio Settecento, la cavalleria sabauda ebbe il suo battesimo del fuoco, distinguendosi in battaglie come quella della Marsaglia nel 1693. Durante questa battaglia, i “Dragoni Blu” si fecero notare per il loro impeto e coraggio. Durante la Guerra di Successione Spagnola, nel 1706, la cavalleria sabauda, guidata dal duca Vittorio Amedeo II, si distinse durante l’assedio di Torino. Questi successi contribuirono a consolidare la reputazione della cavalleria sabauda come una forza combattente formidabile.
Nel XVIII e XIX secolo, la cavalleria sabauda partecipò attivamente a vari conflitti europei, inclusi quelli di successione e le guerre napoleoniche. Dopo l’annessione del Piemonte alla Francia, la cavalleria fu temporaneamente sciolta. Con la Restaurazione del 1814, fu ricostituita e riorganizzata, crescendo fino a nove reggimenti nel 1850. Durante l’unità d’Italia, i reggimenti aumentarono a 17, con alcune unità che parteciparono alla presa di Roma nel 1870. Verso la fine del XIX secolo, iniziarono a formarsi reparti di cavalleria coloniale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la cavalleria italiana operò principalmente a cavallo, ma includeva anche alcune unità meccanizzate con blindo e carri leggeri. Le ultime cariche storiche avvennero durante questo periodo, come la celebre carica di Isbuscenskij nel 1942. Dopo la guerra, la cavalleria fu completamente meccanizzata, ricevendo equipaggiamenti moderni come i carri armati Leopard 1 e le autoblindo Centauro. Negli anni successivi, la cavalleria italiana partecipò a numerose missioni internazionali, mantenendo un ruolo chiave nelle operazioni militari contemporanee.
Il Museo viene inaugurato ed aperto al pubblico il 13 ottobre 1968 con i suoi 5.500 mq. di aree espositive coperte, divisa in tre piani con totale di 42 sale e 240 vetrine. Il Museo si è man mano arricchito di materiale storico assegnato dal Ministero della Difesa e, in particolare, dal contributo determinante di Enti pubblici e privati. Attualmente i donatori ammontano a più di 900 unità circa che lo rende, in Europa, uno tra i più ricchi musei d’Arma.
La cavalleria italiana trova le sue radici nel 1569 con l’istituzione della Cavalleria feudale, suddivisa tra lo “Squadrone di Piemonte” e lo “Squadrone di Savoia”. Tra il 1683 e il 1690, furono costituiti i primi reggimenti di dragoni, trasformando le compagnie di archibugieri a cavallo in una forza più strutturata. Tuttavia, i dragoni erano inizialmente considerati più come fanteria montata che come cavalleria vera e propria. Solo nel 1692, con l’introduzione del servizio obbligatorio di due anni, si iniziò a formare una cavalleria autentica e organizzata.
Nel corso delle guerre di fine Seicento e inizio Settecento, la cavalleria sabauda ebbe il suo battesimo del fuoco, distinguendosi in battaglie come quella della Marsaglia nel 1693. Durante questa battaglia, i “Dragoni Blu” si fecero notare per il loro impeto e coraggio. Durante la Guerra di Successione Spagnola, nel 1706, la cavalleria sabauda, guidata dal duca Vittorio Amedeo II, si distinse durante l’assedio di Torino. Questi successi contribuirono a consolidare la reputazione della cavalleria sabauda come una forza combattente formidabile.
Nel XVIII e XIX secolo, la cavalleria sabauda partecipò attivamente a vari conflitti europei, inclusi quelli di successione e le guerre napoleoniche. Dopo l’annessione del Piemonte alla Francia, la cavalleria fu temporaneamente sciolta. Con la Restaurazione del 1814, fu ricostituita e riorganizzata, crescendo fino a nove reggimenti nel 1850. Durante l’unità d’Italia, i reggimenti aumentarono a 17, con alcune unità che parteciparono alla presa di Roma nel 1870. Verso la fine del XIX secolo, iniziarono a formarsi reparti di cavalleria coloniale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la cavalleria italiana operò principalmente a cavallo, ma includeva anche alcune unità meccanizzate con blindo e carri leggeri. Le ultime cariche storiche avvennero durante questo periodo, come la celebre carica di Isbuscenskij nel 1942. Dopo la guerra, la cavalleria fu completamente meccanizzata, ricevendo equipaggiamenti moderni come i carri armati Leopard 1 e le autoblindo Centauro. Negli anni successivi, la cavalleria italiana partecipò a numerose missioni internazionali, mantenendo un ruolo chiave nelle operazioni militari contemporanee.
Il Museo viene inaugurato ed aperto al pubblico il 13 ottobre 1968 con i suoi 5.500 mq. di aree espositive coperte, divisa in tre piani con totale di 42 sale e 240 vetrine. Il Museo si è man mano arricchito di materiale storico assegnato dal Ministero della Difesa e, in particolare, dal contributo determinante di Enti pubblici e privati. Attualmente i donatori ammontano a più di 900 unità circa che lo rende, in Europa, uno tra i più ricchi musei d’Arma.
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Questo sito è di proprietà dell’Associazione Amici del Museo Storico dell’Arma di Cavalleria, custode delle preziose testimonianze della Cavalleria Italiana presso il Museo di Pinerolo, ‘Culla della Cavalleria’.